Articolo pubblicato il: 13 Dicembre 2018

Autore: Luigi Cacciatori

La cannabis Sativa e i suoi utilizzi

La cannabis Sativa e i suoi utilizzi

La cannabis Sativa appartiene alla famiglia delle Cannabacee, e fu classificata con questo nome dal biologo Carl Linnaeus nel lontano 1753. La cannabis sativa veniva coltivata già moltissimi anni fa, come ricca fonte di cibo e fibra, ma anche per le tue caratteristiche mediche. Le varietà Sativa (sopratutto quelle ad uso industriale), producono in genere alti livelli di Cannabidiolo Cbd piuttosto che il Tetraidrocannabinolo (sostanza psicoattiva conosciuta come Thc). La ricerca scientifica dei giorni nostri, ha scoperto come il Cbd possa migliore lo stile di vita in modo completamente naturale, sopratutto grazie alle sue proprietà sedative, antinfiammatorie e antitumorali. Quali sono le varietà di cannabis Sativa da coltivare.

Le proprietà mediche della cannabis Sativa

La cannabis è stata per secoli utilizzata per le sue proprietà mediche, questa pianta veniva usata come medicina prima dello sviluppo della scienza moderna. Le stesse proprietà psicotrope (fornite dal Thc) per cui è stata vietata la cannabis rendono la pianta adatta per il trattamento di numerose malattie. Nel 1800, la marijuana godette di un breve periodo di popolarità come erba medicinale in Europa e negli Stati Uniti, veniva prescritta per alleviare problemi come, dolori mestruali, asma, tosse, insonnia, travaglio, emicrania, infezione alla gola e astinenza dall’uso di oppiacei. Tuttavia, la cannabis fu rimossa dal registro dei medicinali all’inizio del XX secolo a causa di problemi riguardanti il dosaggio, malgrado quest’ultimo non desse alcun effetto o effetti avversi. 

I componenti chimici della cannabis Sativa

I componenti chimici della cannabis viene rappresentata da quasi tutte le classi chimiche, ad esempio idrocarburi, zuccheri, terpeni, steroidi, flavonoidi, composti azotati e amminoacidi. Sicuramente tra i più importanti composti della cannabis troviamo i cannabinoidi, che vengono a loro volta classificati in diverse categorie:

  • Cannabigerolo
  • Cannabichromene
  • Cannabidiolo
  • Δ9-trans-tetraidrocannabinolo
  • Δ8-trans-tetraidrocannabinolo 
  • Cannabiciclolo
  • Cannabielsoino
  • Cannabinolo

Oltre ai cannabinoidi, gli altri componenti identificati sono proteine, enzimi, acidi semplici, acidi grassi, esteri semplici, lattoni, chetoni semplici, fenoli, pigmenti, flavonoidi e vitamine. 

Le parti che possono essere consumate includono le foglie, i germogli e i semi. I semi possono essere consumati cotti o crudi, oppure resi in farina e utilizzati per la produzione di prodotti da forno. Il seme contiene circa il 27,1% di proteine, il 25,6% di grassi, il 7,4% di carboidrati e il 6,1% di ceneri, mentre le foglie contengono 0,215% di carotene e utilizzate nella zuppa.

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Le varietà di cannabis Sativa da coltivare

Cannabis sativa con metodo greenhouse

Esistono svariate varietà di cannabis Sativa riconosciute come legali in Europa, e possono essere coltivate anche in Italia. Esse sono tutte tipologie di canapa industriale che presentano un tasso di Thc inferiore allo 0,2%, ampiamente al di sotto del limite tollerato dalla legge italiana che è dello 0,6%. Nel caso in cui il THC (tetraidrocannabinolo) superi questo valore, le autorità giudiziarie sono legittimate al sequestro ed alla distruzione della piantagione, senza altre conseguenze per l’agricoltore.

Facendo una prima distinzione tra le cannabis sativa, possiamo trovare la varietà Dioica, che genera piante di sesso maschile e femminile. Ambo i sessi sono importanti ai fini della maturazione, infatti le piante maschili sono pronte per l’essiccazione subito dopo la fioritura, mentre le femminili vengono utilizzate per la produzione di ulteriori semi.

Oltre la Dioica abbiamo anche la varietà Monoica nella quale tutte le piante hanno ambo le caratteristiche, portando semi e fiori. Ma quale varietà di cannabis Sativa è conveniente utilizzare tra le due? Chiaramente dipende tutto dall’uso che se ne vuole fare, infatti, qualora ci si voglia limitare alla raccolta degli steli allora sono ottimali le tipologie Dioiche:

  • Varietà Carmagnola
  • Varietà Fibranova
  • Varietà Tiborszallasi

Nel caso si vogliano produrre e raccogliere anche i semi, allora è ottimale utilizzare varietà Monoiche come:

  • Varietà Futura;
  • Varietà Felina;
  • Varietà Uso 31.

La varietà di canapa Futura Sativa si arruola tra le specialità francesi. Essa sviluppa un’altezza media di due metri e mezzo ed è ottimale per la produzione del tessuto industriale nonché di semi. Essa rientra tra le specie Monoiche nelle quali si evidenzia la presenza di entrambi i sessi riconoscibili dai piccoli grappoli maschili e dai pistilli rossi femminili. La Futura è una specie concepita sostanzialmente per la produzione dei semi, ma non è da escludere anche nella produzione di concimi.

La  canapa sativa Varietà Finola è una tipologia che proviene dalla Finlandia, caratterizzata dalla capacità di fiorire in soli 3 mesi. Essendo una pianta nordica necessita di una coltivazione indoor a causa del clima italiano. E’ una tipologia tendenzialmente bassa e quindi facile da gestire.

La Canapa sativa Uso 31 viene dall’Europa dell’Est, precisamente dall’Ucraina. Questa pianta è ideale per la produzione dei semi e ha una fioritura abbastanza veloce, anche a causa della diversità climatica.

La Varietà Kompolti è Ungherese ed è una delle più diffuse. E’ una varietà studiata e generata tramite la combinazione di tipologie Ungheresi, Italiane e Cinesi, che hanno permesso lo sviluppo di un’adattabilità in diverse condizioni climatiche. Si tratta di una tipologia di tipo Dioica ad alto contenuto di fibre. Tuttavia i suoi livelli di THC sono superiori a quelli consentiti dalla legge e dunque è vietata.

La varietà si canapa Codimono è invece ottenuta modificando geneticamente la Superfibra tedesca. E’ una tipologia caratterizzata da una produzione di fibra elevatissima.

La Varietà Fibranova è una razza diodica con buona resa in fibra, tipicamente italiana.

La Varietà Fedora 19 è una tipologia francese nata dall’incrocio di varietà russe. Ha una resa di semi e fibra a livello medio.

Un’altra varietà francese è la Varietà Felina 34, un incrocio tra le razze Kompolti e Fibrimon 24, con una buona resa in fibre e semi. E’ di sicuro la razza più diffusa in Francia.

La Carmagnola è un must tra le razze italiane grazie alla sua altezza media di 3,5 metri ed uno sviluppo particolari delle fibre, adatte anche alla produzione di mattoni.

Cannabis Sativa a scopo industriale e alimentare

Cannabis per la produzione industriale

Gli usi industriali della canapa sono i più disparati, dal settore alimentare fino alla estrazione della fibra, dalla carta alla bioedilizia. Sta prendendo piede sempre di più anche l’utilizzo della canapa nella bonifica dei terreni inquinati, e nella produzione dei concimi, tramite le biomasse.

Nel settore alimentare spopolano i semi di canapa sativa, acquistabili sia decorticati che integrali. I valori nutrizionali di questi utlimi sono strabilianti, infatti oltre a contenere gli aminoacidi essenziali, è un prodotto molto ricco di proteine vitamine e fibre alimentari. I valori energetici si stanziano intorno alle 500 kcal per un quantitativo di 100 grammi quindi si consiglia di non esagerare. Il loro uso va dalle insalate ad ingrediente per i dolci e i farinacei.

Un altro prodotto molto interessante derivato dalla spremitura a freddo dei semi di canapa sativa è l’olio. Attualmente non molto diffuso, lo si trova soprattutto nel mercato online, ma ha delle proprietà alimentare eccezionali, come acidi grassi essenziali, omega 3 e vitamina E, efficace antiossidante. Il sapore si presenta gradevole al palato, tuttavia il suo costo è attualmente elevato.

Infine, sempre in ambito alimentare troviamo la farina di canapa, ottenuta dalla macinazione del residuo della spremitura. A grandi linee abbiamo dei valori nutrizionali simili ai semi ed all’olio, tuttavia presenta una riduzione del venti percento del computo calorico rispetto alle farine tradizionali, dunque un ottimo sostitutivo per chi deve seguire una dieta celiaca.

Nel settore industriale la canapa vide il suo maggiore utilizzo nei primi del ‘900 quando si producevano tessuti per le vele e cordame con la sua fibra. Tuttavia lo svantaggio era quello di un lungo e difficoltoso processo di lavorazione per estrarre la fibra e sgrezzarla. Successivamente fu sostituita dai materiali polimerici a maggior resistenza e a più basso costo.

Grazie alle innovazioni tecnologiche, oggi è possibile migliorare i processi produttivi della fibra di cannabis light, mettendo in luce tre grossi vantaggi:

  • la resistenza della canapa sativa è maggiore di quella del cotone, e grazie alla sua fibra cava è possibile produrre dei tessuti che mantengano caldi d’inverno e freschi d’estate, isolando anche il corpo dall’umidità;
  • per produrre lo stessa quantità di tessuto di canapa serve la metà dell’acqua che servirebbe al cotone;
  • la canapa non necessita di pesticidi a differenza del cotone.

Troviamo delle applicazioni anche in campo ingegneristico, infatti la fibra di canapa sativa viene utilizzata nella produzione di telai per automobili e aeromobili, sostituendo quella che prima era la vetroresina o la fibra di vetro, dando così un profondo impatto sulla leggerezza e sull’ecosostenibilità.

Un mercato che ha preso già piede da diversi anni è quella dell’uso della fibra di canapa sativa nella bioedilizia, producendo calce e mattoni biologici, in grado di assorbire l’anidride carbonica e favorendo prestazioni in termini di isolamento termico e acustico.

La produzione della carta con la fibra di canapa sativa non è di certo una novità, basti pensare alla dichiarazione di indipendenza americana redatta in originale su questo tipo di supporto. Inoltre ha numerosi vantaggi dal punto di vista ambientale rispetto alla fibra cellulosica estratta per la produzione attuale della carta. Inoltre non contiene la lignina, elemento eliminabile solo con solventi inquinananti.

Una nuova frontiera per l’uso delle piantagioni di canapa sativa è quella di bonifica dei terreni. Infatti la pianta di Cannabis light sativa grazie ad una speciale funzione svolta dalle sue radici riesce ad assorbire una certa quantità di materiali inquinanti e metalli pesanti. Inoltre si stanno sperimentando nuovi trattamenti per produrre dei bio-carburanti come alternativa al mercato del petrolio, destinato ad estinguersi.

Normativa della legge italiana

La legalità della coltivazione della cannabis light sativa è normata dal Decreto Legge numero 242. Secondo queste direttive, sarà possibile coltivare la cannabis light sativa con un tasso di THC (tetraidrocannabinolo) nei limiti, il principio psicoattivo che provoca la sensazione di sballo, non superiore allo 0,6%senza comunicarlo preventivamente alle autorità di polizia.

Tuttavia coloro che si cimenteranno nella coltivazione di cannabis light sativa dovranno conservare tutte le documentazioni relative all’acquisto dei semi per almeno 1 anno, in modo tale da poter dimostrare l’assoluta correttezza dei lavori, e del rispetto totale dei limiti di THC imposti dalla legge. In caso di indagini, le autorità sono autorizzate a prelevare un campione dalla piantagione di cannabis light sativa in presenza del proprietario e qualora i livelli di THC si dovessero dimostrare superiori al limite consentito, la piantagione sarà sottoposta a sequestro e poi alla distruzione. Tuttavia l’agricoltore sarà esente da responsabilità civili e penali.

Ricordiamo che la certificazione di cui l’agricoltore deve disporre deve necessariamente provenire da un laboratorio di analisi. Nel caso si intenda aprire una rete di distribuzione di cannabis light sativa, il prodotto deve essere correttamente confezionato e sigillato, e ogni confezione deve essere completa di etichetta esplicativa delle origini del prodotto sia dal punto di vista geografico che tecnico. Se si dimostra un diverso riscontro tra ciò che dice l’etichetta e gli effettivi valori caratteristici del prodotto si può andare incontro a procedimenti penali.

La legge 242 del 2016 inoltre sancisce tutte le tipologie di prodotti che possono derivare dalla coltivazione di cannabis light sativa, tra cui annoveriamo:

  • produzioni alimentari e cosmetici;
  • produzioni industriali come semilavorati, fibre, oli ecc…;
  • produzioni relative a materiale organico nella bioedilizia e bioingegneria;
  • produzione finalizzata alla bonifica dei terreni inquinati;
  • produzione finalizzata alle attività didattiche di istituti pubblici o privati;
  • produzione finalizzata al collezionismo e al vivaio.

Quindi, a norma di legge, per coltivare la cannabis light bisogna far rientrare il progetto di business all’interno delle suddette categorie.

Gli aspetti economici e i vantaggi della Canapa

La domanda ci sorge spontanea e cioè quanto si può guadagnare coltivando la cannabis sativa? A quanto ammontano le spese? Naturalmente per rispondere a questi quesiti bisogna standardizzare il problema, andando dapprima a considerare di quante piante di canapa si deve disporre, e di quante metterne in un metro quadro di terreno.

La buona norma ci suggerisce di disporre 2 piante per metro quadro, in tal maniera avremo 20.000 piante di canapa in un ettaro. Con questo armamento si può arrivare a produrre mezza tonnellata di prodotto essiccato per ettaro.

Il problema adesso è smerciare. Essendo un mercato nuovo, non è facile trovare degli acquirenti che rilevino grandi quantità. In ogni caso, a seconda della qualità, del valore di THC, della quantità di semi, o al contenuto di CBD (sostanza produttrice dell’effetto antidolorifico), ma anche in base alla bellezza del fiore, può oscillare il costo tra i 60 e i 500 euro al chilogrammo. Essendo un nuovo mercato, può subire notevoli cambiamenti nel breve periodo.

Sempre in merito alla distribuzione della cannabis light sativa, stanno nascendo numerosi grow shop. La domanda è come fare per aprire queste nuove attività? Non cambia nulla rispetto alle classiche attività commerciali. Bisognerà cercare la sede, possibilmente delle giuste dimensioni, e bisognerà renderla a norma per quando riguarda l’igiene, la sicurezza, l’uso commerciale e tutte le pratiche burocratiche, l’apertura della partita Iva, e iscrizione ai vari INPS E INAIL.

Ricordiamo che attualmente la autorità italiane si stanno ancora abituando ed evolvendo in merito all’argomento cannabis light sativa, dunque consigliamo il rispetto delle norme collaterali a 360 gradi. Considerando le spese per l’affitto del locale, le autorizzazioni e un primo carico di prodotti, l’investimento minimo potrebbe ammontare intorno ai 15 mila euro.

 

 

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