Autore: Luigi Cacciatori
Questo tema è molto sentito: a fronte delle 500.000 firme necessarie, infatti, ne sono state raccolte più di 600.000; un numero che, secondo gli organizzatori, dovrebbe essere più che sufficiente a spingere la politica italiana, da tempo ormai immobile su diversi argomenti ritenuti spinosi, si decida a prendere una posizione, aggiornando le leggi attualmente vigenti a dei canoni ritenuti più moderni ed in linea con quanto la scienza medica sostiene attualmente sull’uso della cannabis.
Ma il referendum, in Italia, non ha un potere legislativo, ma solo abrogativo: può, cioè, soltanto annullare delle leggi attualmente in vigore, o parti di esse. Quindi, occorre informarsi adeguatamente su quale sia il quesito referendario, quali siano le leggi di cui si richiede la modifica o l’abrogazione e quali saranno le conseguenze qualora questo referendum venga ritenuto ammissibile dalla Corte Costituzionale ed in seguito sottoposto ai cittadini.
Il quesito referendario è, sostanzialmente, la domanda che viene posta al popolo italiano che si recherà alle urne. Il testo del quesito referendario sulla legalizzazione della cannabis mira ad annullare le ripercussioni penali e le sanzioni amministrative a cui si va incontro per l’suo e la coltivazione della cannabis.
Per comprendere i dettagli, è opportuno leggere con attenzione l’intero testo del quesito, ma nella sostanza si chiede di annullare alcune pene ed alcune sanzioni al fine di ottenere la depenalizzazione della coltivazione della cannabis e per il possesso di una piccola quantità della sostanza per uso personale, nonché una abolizione delle sanzioni amministrative che prevedono il sequestro della patente per il possesso di cannabis, anche se non si è alla guida.
Come già detto, in Italia, il referendum può essere solo di tipo abrogativo, quindi il quesito deve limitarsi a rimuovere le leggi o alcune sue parti, senza poter davvero proporre nulla che vada ad integrare o a sostituire l’attuale norma vigente.
Questo rappresenta un grosso limite tecnico per chiunque cerchi di combattere le proprie battaglie con l’utilizzo di questo strumento: poter modificare una legge soltanto tagliandone via parti, senza poter aggiungere del testo o delle eccezioni rende molto complicato far passare il quesito referendario sotto l’attenta analisi della Corte Costituzionale e sotto l’iter successivo che deve affrontare senza che venga respinto o che subisca pesanti variazioni nel testo.
Naturalmente sono in molti ad auspicarsi che questo referendum, che ha raccolto un considerevole numero di firme, riesca a superare tutti gli ostacoli che gli si pongono davanti e diventi una legge a tutti gli effetti.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che, se anche il quesito referendario riuscisse ad arrivare alle urne, occorrerebbe l’approvazione della maggioranza degli italiani. In questo contesto, quindi, è necessario attivarsi personalmente, cercando di informare il più possibile le persone che potrebbero essere indecise oppure che potrebbero dirsi contrarie perché indottrinate da false credenze sulla marijuana o dalle tantissime fake news che, da settembre a questa parte, inquinano il dibattito pubblico.
A tale fine, il sito del comitato organizzatore che ha proposto il referendum, ha anche pubblicato tutta una serie di interventi e risposte a domande comuni che possono essere utilizzati per informarsi correttamente e rispondere con efficacia ai dubbi di chi, per mancanza di interesse nell’informarsi correttamente o a causa di queste notizie false, si dicano contrari a questo referendum. Nella storia dell’Italia, molti referendum sono falliti perché mancavano una manciata di voti, quindi è importante attivarsi personalmente e cercare di portare più gente possibile alle urne.
Ma quali sono i motivi per votare a favore del referendum sulla cannabis? Innanzi tutto, questa è un’occasione imperdibile per far sentire la propria voce alla nostra classe politica e per cercare di spingere verso una legislazione che approcci il problema delle droghe in generale in maniera totalmente diversa da quella punitiva e restrittiva attualmente in vigore.
Una grandissima parte della popolazione carceraria è attualmente dipendente da diverse sostanze: queste persone, invece di essere aiutate da strutture competenti, vengono spesso dimenticate nelle celle. Inoltre, un altro motivo per votare a favore della depenalizzazione è quello di superare lo stigma sociale che il consumo di cannabis porta con sé: attualmente le prove scientifiche dimostrano come il consumo di marijuana sia meno dannoso di quello di alcool e sigarette, ma sia comunque illegale e ritenuto socialmente pericoloso.
Senza, ovviamente, citare le fake news e le motivazioni dei conservatori che spingono per il rifiuto del quesito referendario, ci sono anche delle motivazioni per non votare a favore del referendum della cannabis che, in effetti, dovrebbero essere tenute in considerazione durante il dibattito.
Molti sostenitori della depenalizzazione sostengono che questo referendum non faccia abbastanza e che il vero cambiamento dovrebbe arrivare tramite meccanismi che promuovano un cambiamento positivo: non basta tagliuzzare la legge esistente e depenalizzare il possesso e la coltivazione, ma bisogna anche creare una struttura intorno al fenomeno. Naturalmente, questo non può essere realizzato con un referendum: è la politica a doversi attivare.
Attualmente il quesito del referendum sulla cannabis è al vaglio della Corte Costituzionale, che ne deciderà, nelle prossime ore, l’ammissibilità o meno. È un momento davvero importante per tutti coloro che sono a favore della legalizzazione e che, che il referendum passi o meno, dovranno in seguito attivarsi per continuare a far sentire la propria voce ad una classe politica distante ed insensibile sull’argomento.
Purtroppo non è possibile dire con esattezza cosa accadrà in futuro: quel che è certo è che l’unica cosa che sia possibile fare per facilitare il processo della legalizzazione sia quella di manifestare ed utilizzare tutti gli strumenti democratici disponibili per raggiungere l’obiettivo.
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