Autore: Luigi Cacciatori
La marijuana legale come ormai tutti sanno, è l’infiorescenza di cannabis contenente un basso livello di THC (tetraidrocannabidiolo), il principio attivo comunemente associato all’effetto stupefacente della marijuana. Al contrario della marjuana illegale quella legale contiene un alta percentuale di CBD (cannabidiolo), principio attivo che ha tra gli effetti principali una sensazione di rilassatezza. Dal 2016 la coltivazione di marijuana legale è regolata dalla legge 242. Da allora sono nati in tutta Italia decine di negozi specializzati nella vendita di cannabis legale e di prodotti da essa derivati, che ormai si possono spesso trovare anche nelle classiche tabaccherie.
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Durante la fine del 2018, ci furono una serie di sequestri di grosse quantità di marjuana legale in varie città di Italia: uno di questi fù andato in ricorso alla Cassazione. I sequestri erano stati eseguiti per analizzare la quantità di THC (<0,6%) nei prodotti venduti. In questo sequestro la polizia spiegò che i sequestri furono spinti dal Questore da poco arrivato a Macerata, dove inoltre ci fu anche la chiusura di una tabaccheria a Civitanova Marche che vendeva marijuana legale, la denuncia avvenne da parte di una donna che aveva scoperto la figlia detentrice di una confezione acquistata proprio in quella tabaccheria.
Successivamente al ricorso del negoziante (che ha vinto), la cassazione ha stabilito che se il commerciante è in grado di documentare che la cannabis legale proviene da coltivazioni che rispettano la legge del 2016, la polizia non può procedere con sequestri preventivi, a meno che non ci siano dei sospetti fondati. Può soltanto prelevare dei campioni per verificare che il contenuto di THC non superi lo 0,6%, il limite entro il quale la cannabis è regolata dalla legge del 2016 e non dalla 309/1990, cioè la legge Vassalli che regola le sostanze stupefacenti dopo l’abolizione della Fini-Giovanardi.
All’interno della Suprema Corte di Cassazione si possono ad oggi rinvenire tre distinti orientamenti che pare opportuno qui sintetizzare per ragioni di chiarezza:
Per queste evidenti ragioni, l’attuale quadro giurisprudenziale non sembra oggi in grado di definire con chiarezza la piena liceità di questa attività.
Il dubbio che resta ancora aperto è la questione riguardante l’ indicazione della soglia al di sopra della quale, la marijuana legale potrà essere individuata come sostanza stupefacente: sotto lo 0,2% o lo 0,6%?
Oppure il limite dello 0,5%, in ossequio alla giurisprudenza sviluppata sulla scorta del D.P.R. 309/1990, nonostante Cass. 4920/2019 abbia considerato la l. 242/2016 un microsettore normativo autonomo avente carattere derogatorio rispetto al D.P.R. 309/1990?
Con le attuali incertezze quindi, è opportuno un intervento chiarificatore da parte delle Sezioni Unite, le quali sono state di recente investite della questione dalla Quarta sezione.
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